Giovanni Padua 14-10-1906 21-8-1993
Cari Centauri, mi associo ai miei paricorso nel farmi conoscere e nell`augurio che intendo farvi per il futuro radioso che vi attende. Sono il Generale di Squadra Aerea Giovanni Padua e sono vostro padrino di corso. Sono uno dei tre del Corso ad essere giunto a questo grado in servizio. Per nessuno di noi un grado ricercato o ambito. Esso è compimento di una storia lunga e anche fortunata con innumerevoli fatiche e i molti dispiaceri che solo una guerra può dare, soprattutto per i lutti di cui è intrisa. Cari e fraterni amici ci hanno lasciato durante quel periodo già con la missione in Spagna. Tutti hanno lasciato una testimonianza di dedizione e passione da cui dovete trarre riferimento. Ne cito uno per tutti: il caro e compianto Tommaso Parini, che investito dal gregario colpito dalla contraerea è rimasto ai comandi consentendo all`equipaggio di lanciarsi col paracadute. Me lo ha detto il suo secondo, con cui abbiamo operato in Spagna e con cui poi ho volato in missioni di guerra.
La mia storia comincia nelle campagne di Scicli, un soleggiato paese della Sicilia dove la mia famiglia lavorava e cresceva i figli. Della mia estrazione contadina mi sono portato tutto: l`obbedienza, l`affrontare il lavoro con determinazione, il lavorare assieme per un bene comune, il non arretrare di fronte alle fatiche, la sobrietà che non è privazione ma riconoscere il superfluo, la condivisione del poco che si ha, l`onestà, il sacrificio. E di sacrifici una famiglia come la mia per farmi studiare e consentirmi di entrare in Accademia ne ha fatti. È stato un privilegio non consentito ai miei fratelli. Cosciente di questo ho affrontato il futuro con gioia e dedizione, grato alla mia famiglia per ciò che fatto.
Il contesto in cui è maturata la mia decisione di entrare in Accademia è quello di un`Aeronautica Militare appena nata e di un susseguirsi di notizie entusiasmanti che cavalcavano i giornali del tempo ed il passa parola delle comunità che cantavano le gesta eroiche dei primi voli militari durante la grande guerra e delle competizioni sportive. Pensate che nel 1925, quando entrai, erano solo passati ventidue anni dal primo volo dei fratelli Wright e sedici dal primo volo in Italia. Praticamente un ciclo di studi.
È su questa euforia che decisi di concorrere per l`Accademia Aeronautica. Così mi trovai in quel di Livorno (un viaggio biblico per raggiungere il posto), a conclusione delle pratiche concorsuali, con un gruppo di sconosciuti per i quali i due primi impatti furono una foto ed un repentino passaggio dal barbiere. L`accoglienza non era certo quella della festa paesana, quindi la disciplina fu subito il tratto distintivo con cui dovemmo familiarizzare alla svelta. Non eravamo tanti ma, tra qualche dimissione e necessità, un po' di mesi dopo la nostra entrata in Accademia si aggiunsero direttamente al secondo anno un`altra decina di allievi. Da sconosciuti siamo diventati un Corso, e che Corso! Avevamo tutta l`Italia più o meno fra di noi. L`unico siciliano oltre a me era Arazio Silvestri da Catania. Scusate.. Orazio. Eravamo dei soggetti, a parte qualche eccezione, di normale equilibrio mentale ma capaci di tutto e lo abbiamo fatto. In Accademia le vicende ebbero un`accelerazione incredibile. Nel giro di un anno abbiamo cambiato sede, abbiamo accolto il secondo gruppo, abbiamo giurato e il Corso è stato battezzato col nome del Centauro. E qui finalmente marchiamo la differenza col resto del mondo. Come Centauro non siamo mai passati inosservati (ne abbiamo combinate di cotte e di crude). Finalmente ai corsi di studio si è aggiunta l`attività di volo. Non vedevamo l`ora! Era selettiva e gli istruttori li vedevamo come degli inarrivabili padroni del cielo. E come tali ci trattavano. Eravamo esaminati anche nella missione solista. Ci davano un barografo per capire se salita, crociera e discesa erano continue e le quote mantenute correttamente. Dovevamo fare i sorvoli e riporti dei punti. Quindi anche nell`immensità dovevamo essere disciplinati. Anche perché gli incidenti di volo erano frequenti. Dopo i vari brevetti di osservatore di aeroplano, di aeroplano e militare sono stato assegnato ad un reparto, il 20° Stormo a Catania. Appena il tempo di capire qualcosa del Reparto che ho cominciato a familiarizzare con un tratto distintivo dell`Ufficiale dell`Aeronautica Militare del mio tempo, ovvero quello di essere un ufficiale “uno e trino”. Ricopro contemporaneamente il ruolo di Comandante di Squadriglia e di Comandante Interinale dello Stormo (quando il Comandante è assente) con i doveri dell`incarico da conciliare con l`addestramento al volo che continuava sugli aeroplani in dotazione. Quindi fin da subito mi sono ambientato e a conferma di quanto appena detto sono stato trasferito più volte di Reparto in Reparto: Stormi, scuole, ispettorati, basi di fortuna, campi di volo in tutto il territorio nazionale specialmente durante la guerra. Non solo Reparti nazionali ma anche internazionali. Sia tedeschi in Germania durante la guerra che NATO in Italia e Gran Bretagna nel dopoguerra. Nel mezzo di queste vicende sono anche riuscito a metter su famiglia con la mia adorata Iole, generando due splendidi figli: Sergio e Giorgio, che mi hanno sempre accompagnato e sostenuto nella mia carriera, partecipando alle mie gioie ma anche condividendo le tristi vicende belliche.
Il periodo militare è stato certamente arricchito da soddisfazioni e gratificazioni umane e professionali, ma anche da profonde amicizie nel Corso e fuori da esso. Ne cito due: la prima col Generale Unia Carlo, a cui devo la mia promozione a Generale in quanto da suo subordinato mi ha valutato con fraterna sensibilità e facendo notare in modo oggettivo le mie qualità ma anche i difetti in un periodo di difficoltà familiare per la malattia di Iole (quella che poi ci ha separato in questa terra) nonostante la quale continuavo a lavorare col piglio di sempre (da vero contadino d`ufficio). Carlo mi propose pure per un encomio. La seconda col Generale Ranieri Cupini, di due corsi prima del mio, che ho incontrato più volte sia nei Reparti operativi che in altri incarichi d`ufficio, per il quale ho sempre serbato profonda ammirazione e stima. Con lui è poi nato un legame familiare, in quanto siamo diventati consuoceri di uno dei nostri figli. Da vedovo ho incontrato poi Eileen Therese, che ho sposato, facendo assopire il trauma della solitudine.
Mi hanno sempre dato dell`impulsivo, forse lo ero. Io non mi ci vedo, ma se per impulsivo si intende uno a cui non piacciono i compromessi o le chiacchiere per mascherare l`evidenza, allora ero impulsivo. Non si può far bere ad un contadino quello che si vuole. Quando le cose non mi stavano bene perché non coerenti col lavoro, la missione o il benessere mio e del personale ero capace anche di abbaiare, se necessario. Ho protestato una volta perché non avevo una sistemazione logistica coerente col mio rango (e c`era) e sono stato tacciato di bugiardo. Non era certo la sistemazione che mi interessava o il mio ego da soddisfare. Era una questione di giustizia. Era previsto, c`era, allora perché non darla al richiedente?
Un paio di volte sono stato anche punito. Una volta ho trasgredito una disposizione ferrea non di uno Stormo operativo e nemmeno di una missione. Ho trasgredito la disposizione di un convalescenziario dove ero ospitato che prevedeva l`accesso alle mogli degli ospiti solo dopo un`autorizzazione speciale. Io Iole l`ho fatta entrare lo stesso. Che dovevo aspettare un`autorizzazione che mi sarebbe arrivata dopo essere stato dimesso?
Non sono stato solo punito, qualcosa mi è stato riconosciuto anche formalmente, ma non voglio che diventi un vanto.
Il vanto, ma più che altro la serenità del cuore è quella di aver compiuto il mio dovere fino in fondo. Di aver fatto parte orgogliosamente del Centauro; orgoglio condiviso con i pari. Quando è stato possibile ci siamo sempre incontrati, già celebrando i primi dieci anni di Corso e poi coi raduni e giuramenti delle nuove generazioni del Centauro. Riguardo il volo non posso che essere fiero delle mie 28 abilitazioni più gli aerei artefici dei miei primi voli ovvero l`Ansaldo 300-4 e 6 in Accademia, che non figurano come abilitazioni. Ma ho volato anche sul Ca.309, Ca.164, G.8 e sui Ju.52, Fw.189 e 200 ed He-111 della Luftwaffe.
Non posso dimenticare una parentesi straordinaria della mia attività di volo che è stata quella dei voli sull`RT-33 e, in modo particolare, i quattro voli di abilitazione (non completata purtroppo) sul DH-100 Vampire. Una rivoluzione copernicana quella degli aerei a getto. Sarebbe, cari Centauri, come per voi andare nello spazio.
Ho fin qui raccontato di me e dei miei trascorsi perché ne serbiate un ricordo a voi caro. Il mio volo terreno ha avuto una sua naturale conclusione ed ho chiuso le ali il 21-8-1993. Io dico che in quel giorno ho ricongiunto coi pari e con una fetta dei miei affetti più cari.
Cari Centauri, dopo una vita così intensa non posso che augurarvi di scoprire ciò che la vostra vita vi offre e vi sta offrendo in tutta la sua interezza. Cercate di attingere quanto più possibile alle storie di chi vi ha preceduto. Vi auguro un avvenire di pace, noi abbiamo sulla pelle gli orrori di una guerra. Vogliatevi bene come fratelli. Viva il Centauro, viva l`Italia.
Grato di tutto, il vostro padrino Gen. S.A. Giovanni Padua